Basquiat al Mudec: 140 opere tra istinto e dolore
I lavori raccolti dai curatori Jeffrey Deitch e Gianni Mercurio, sono stati realizzati da Basquiat tra il 1980 e il 1987 e divisi nell’esibizione per luoghi e tempi, in modo da sottolineare il forte legame dell’autore con la storia americana.
Una simbiosi lampante sin dall’introduzione alla mostra, che mette a confronto la storia personale di Jean-Michel Basquiat – nato a New York nel 1960 e morto nella Big Apple a soli 27 anni – con gli eventi storici a lui contemporanei: i conflitti etnici, gli omicidi di Bob Kenney e Martin Luther King, il celebre blackout di New York, il lunedì nero delle Borse e così via.
Nella sua breve ma intensa carriera, Basquiat, nato da padre haitiano e da madre statunitense di origini portoricane, sentì l’urgenza di comunicare il disagio del suo essere afroamericano in una società ancora votata al potere bianco.
Nelle sue opere traspare tutto il dolore riguardo alla questione della razza, un dolore sul quale è doveroso riflettere anche ai giorni nostri e che rende quindi più che mai attuale la produzione dell’artista.
Sul piano più personale, è interessante seguire lo sviluppo verso l’alto della carriera Jean-Michel Basquiat che a soli 17 anni iniziò a riempire New York con i suoi graffiti, pensati insieme al compagno di scuola Al Diaz e firmati con lo pseudonimo SAMO. Poi il periodo da clochard, alla ricerca di monetine sui marciapiedi della Big Apple e con la sua arte espressa su cartoline in vendita ai passanti per un dollaro. Infine la fama, ottenuta anche grazie al sostegno degli amici Andy Warhol e Keith Haring, che rese Basquiat conteso tra le gallerie d’arte.
Pubblicato lunedì 30/01/2017
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