Dormi troppo? La scuola ti spedice alla Caritas!
Almeno una volta è capitato a tutti che, nonostante il trillo della sveglia, ci si sia attardati ad alzarsi dal letto e, inevitabilmente, si sia entrati a scuola con qualche minuto di ritardo. Le conseguenze? I meno fortunati hanno ricevuto un meno su registro o addirittura una una nota sul diario; altri invece solo un richiamo da parte del prof. della prima ora.
Accade invece a Savona che il ritardo degli studenti è affrontato in modo assolutamente innovativo. Ovvero: quanto “peso” hanno le tradizionali punizioni o i richiami? Realisticamente il più delle volte non apportano grandi cambiamenti e uno studente che è solito dormire 5 minuti in più non si sente certo spronate a cambaire da un meno sul registro. “Tutti i provvedimenti disciplinari devono avere finalità educative” ha sostenuto il preside dell’Istituto tecnico industriale statale Galileo Ferraris di Savona che ha ideato un nuovo provvedimeto. Ha attuato per i suoi studenti un patentino in cui vengono conteggiati i minuti di ritardo.
Tutte le mattine, passati pochi secondi dopo il suono della campanella l’ingresso principale viene chiuso. I ragazzi che arrivano in ritardo sono costretti a entrare da una porta secondaria dove li aspettano due professori con un lettore ottico. Lo studente dormiglione deve presentare il suo libretto delle assenze che è dotato di un codice a barre. Un bip e i minuti di ritardo vengono registrati su un file personale. E quando la contabilità del ritardo tocca “quota 60” viene estratto il cartellino rosso. Cosa vuol dire? Che per lo studente che è a quota 60 arriva la sanzione: viene spedito dritto alla mensa della Caritas, a sgobbare nelle cucine dove si preparano i pranzi per i senza tetto e i diseredati!
“L’idea ci è venuta dopo uno spiacevole episodio accaduto alla fine dello scorso anno. Quattro ragazzi si erano azzuffati e per punirli, ma allo stesso tempo cercare di far loro capire quali siano i veri problemi della vita, li avevamo invitati a prestare servizio per qualche giorno nelle strutture della Caritas.”
“Non servono direttamente le persone perché ci sono aspetti assicurativi che non lo consentono. Però si danno da fare in cucina oppure a sbrigare altri lavori, diciamo pure di manovalanza. La maggior parte ha tra i 16 e i 18 anni e abbiamo ritenuto più educativa questa soluzione che una punizione tradizionale“, dice la professoressa Aurore Barducco, che continua: “Per molti ragazzi il problema è soltanto quello di essere responsabilizzati, di capire come va il mondo, e una cucina per poveri può dare la giusta visione. Penso che se ne rendano conto anche loro perché quando ricevono la comunicazione sbuffano e dimostrano scarso entusiasmo. Ma quando ritornano, attraverso i loro racconti, si capisce che sono cambiati”.
Cosa ne pensi? Può essere utile come provvedimento?
Pubblicato martedì 02/03/2010 in di la tua
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