I Personaggi de “I Promessi Sposi”
Analisi dei personaggi, commento e descrizione.
“Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti….”
Queste parole le abbiamo sentite tantissime volte, e sono naturalmente l’inizio di uno dei romanzi più significativi di tutti i tempi, all’interno letteratura italiana. Parliamo naturalmente de I Promessi Sposi, l’opera celeberrima di Alessandro Manzoni, il testo forse più famoso e più letto di tutta la nostra prestigiosa storia letteraria. Questa volta vogliamo più che altro soffermarci sui personaggi, e tanti sono quelli che svolgono un ruolo importante dentro la storia e la narrazione del Manzoni.
Egli stesso descrive dettagliatamente i particolari riguardanti i protagonisti del suo racconto, elementi che ne differenziano e caratterizzano il ruolo, il comportamento e l’estrazione socioeconomica, senza tralasciare l’aspetto riguardante la mente e la sfera psicologica di ognuno.
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I protagonisti assoluti, cioè i protagonisti principali della storia sono ovviamente tre, il Don Rodrigo nemesi e antagonista di Renzo, l’eroe innamorato di Lucia, che sta a rappresentare l’oggetto del desiderio nella contesa. Parlando degli altri personaggi, possiamo sicuramente agevolare il processo di comprensione dividendoli in due gruppi distinti e separati: il primo gruppo è fatto dalle persone che tentano di ostacolare i propositi di Renzo e Lucia, il secondo gruppo è invece composto da coloro che vorrebbero aiutarli nel loro intento di sposarsi finalmente. Un particolare apprezzabile che fa onore alla scrittura di Alessandro Manzoni, è sicuramente quello che riguarda i cambiamenti degli stessi personaggi all’interno della narrazione, a livello psicologico, in quanto nessuno può definirsi del tutto buono o cattivo.
LO SCHEMA DI TUTTI I RUOLI
Una suddivisione opportuna tra i vari protagonisti su può effettuare seguendo lo schema di vittima-oppressore. Naturalmente Don Rodrigo rappresenta la figura dell’oppressore, mentre Renzo e Lucia sono le vittime vessate dalle sue azioni.
Gli alleati di Don Rodrigo sono il cugino Attilio, i Bravi, il Conte Zio, l’Azzeccagarbugli e naturalmente l’Innominato. Gli amici che aiutano le vittime, invece, sono: Fra Cristoforo, il cardinal Federigo Borromeo, Agnese, Perpetua e tutti i paesani che prendono a cuore la loro vicenda, tra cui Tonio e il fratello Gervaso.
Non bisogna dimenticare però come il comportamento di Don Abbondio, che con la sua paura di Don Rodrigo, il signore del paese che fa il bello e cattivo tempo, dà il La agli avvenimenti che dopo si susseguono, rinviando il matrimonio fra i due ragazzi.
Anche la Monaca di Monza, assume un ruolo centrale nella storia, in quanto prende colpevolmente parte a quello che sarà il rapimento di Lucia.
Per comprendere meglio il racconto de i Promessi Sposi, possiamo operare un’ulteriore differenziazione tra personaggi statici e personaggi dinamici, rispetto allo spazio che rivestono all’interno della storia: ad esempio ci sono alcuni personaggi che decidono liberamente dove andare, mentre Lucia ad esempio è statica in quanto viene spostata contro il suo volere quando viene rapita. Solo in un secondo momento lei diventerà dinamica, quando decide insieme al marito di recarsi verso Bergamo (anche qui però, con una buona dose di staticità, visto che si limita a seguire il marito).
Oltre all’aspetto prettamente riferito alla parte fisica e spaziale, la staticità di alcuni personaggi è data anche dal fatto che non modificano per niente il proprio comportamento col dipanarsi della storia, ad esempio Don Abbondio è uno di questi. Egli è per eccellenza la figura più contraddittoria ma allo stesso tempo se vogliamo comune, di tutta la storia: non si comporta come dovrebbe comportarsi un parroco, anzi racchiude in se molti aspetti negativi che chiunque può rivedere in se stesso, quella mediocrità umana data dall’ansia per la propria tranquillità, quella che oggi chiameremmo la zona comfort che non vogliamo sia intaccata in alcun modo. Inoltre sono umani e moralmente poco lodevoli molti altri suoi modi di fare, dalle meschinità che compie per non dover portare a termine doveri scomodi, al suo egocentrismo fine a se stesso, fino alla sua proverbiale pavidità da coniglietto sperduto in un campo sterminato pieno di pericoli. Per quanto sia un personaggio non certamente da lodare, ebbene è in lui che l’autore rivede la maggior parte delle debolezze e delle venialità umane, in quanto è il maggior portatore di egoismo, mediocrità e staticità, la persona appunto nella quale si riflettono meglio tutti i difetti peggiori degli uomini.
I personaggi dinamici a livello comportamentale, invece, sono coloro i quali cambiano opinione o posizione rispetto a prima, rendendosi conto di aver sbagliato o valutato male una data situazione.
Passiamo ora ad un’analisi più dettagliata riferita ai personaggi:
Lucia Mondella:
Durante tutto il romanzo, per quanto questo non sia per forza un complimento, Lucia rimane sempre fedele a se stessa. Alessandro Manzoni la “usa” come strumento vero e proprio della Provvidenza Divina, in quanto le mette in bocca parole impulsive e sgorgate dal cuore, come ad esempio quando di fronte all’Innominato parla del perdono di Dio, e questi viene come preso da un reflusso di coscienza in cui mette in dubbio tutto il suo operato, chiedendosi se non fosse finalmente ora di cambiare vita e smetterla di vessare innocenti. L’innominato peraltro in crisi d’identità e desideroso di cambiare vita, viene profondamente influenzato dalle parole della ragazza. Lucia, appunto, sembra proprio rappresentare un mezzo di Grazia Divina, anche se non tutti sanno capire questo suo ruolo come invece accade per la Monaca di Monza, la quale molto presto si affeziona alla ragazza e consola se stessa al pensiero di poterle fare del bene, traendo ispirazione e influenza dalla sua presenza per poter finalmente cambiare vita.
Renzo Tramaglino:
Potremmo definire Renzo come sicuramente un personaggio dinamico, a tutto tondo, perché è capace di evolversi e cambiare durante il corso di tutta la storia. Il dinamismo del buon Renzo non si può constatare soltanto dalla sua mutazione da giovinetto ingenuo ad accorto imprenditore, o tramite le numerose sue peripezie in quel di Milano durante i tumulti per la pestilenza. La sua dinamicità è anche la sua capacità di spostarsi velocemente, percorrendo molti chilometri a piedi, attraversando paesi su paesi, e dando modo all’autore di riuscire grazie alla sua figura di spostare la narrazione. Per questo, oltre che per il ruolo in se, Renzo risulta essere un personaggio chiave. Muovendosi da un luogo ad un altro nella zona di Milano, infatti, dona movimento e dinamicità a tutto il corso della narrazione, come quando ad esempio la sua odissea lo vede al centro di fatti più grandi di lui, inseguito dalla polizia che lo crede responsabile dei tumulti, fuggendo in direzione di Bergamo. A quel punto egli continua ad essere nel mirino delle forze dell’ordine, ancora ricercato, tanto da costringerlo a non parlare troppo e non dare confidenza alle persone lungo il suo cammino, come ad esempio agli osti ed avventori delle taverne nelle quali è costretto recarsi per ristorarsi di tanto in tanto.
In seguito quando apprende che Lucia si trova ospite di una nobile famiglia di Milano, torna nel capoluogo della Lombardia, dove viene scambiato prima per un untore e poi per un monatto, ed è in questo ruolo che raggiunge Lucia nel lazzaretto dove ella si trova. Da li in poi cominciano altre avventure, dopo aver ritrovato la fidanzata infatti, i due iniziano un lungo peregrinare tra Bergamo(dove si recano per allestire casa) e Pasturo, dove si trova Agnese, rifugiatasi per evitare il contagio.
Don Rodrigo:
Anche il capo dei cattivi, Don Rodrigo, è un personaggio che potremmo definire statico: si trova quasi sempre nel suo palazzotto, da dove altero e potente dirige le operazioni per la tanto agognata resa di Lucia; a un certo momento però, data la sua sopravvenuta impotenza, viene inevitabilmente costretto a muoversi verso il castello dell’Innominato per chiedere il suo aiuto.
Infine viene trascinato letteralmente al lazzaretto, laddove finalmente termina la sua esistenza miserabile: la sua figura rappresenta il simbolo per antonomasia del male, il male che non muta la sua essenza, ed è per questo statico ed immobile.
L’Innominato:
Interessante è notare come il Manzoni abbia conferito ad alcuni suoi personaggi un’importanza storica, nel senso che alcuni di loro sono direttamente mutuati dalla realtà, dalla quale per inventarli l’autore ha tratto ispirazione.
Parliamo prima di tutto dell’Innominato, che riprende la vita e la figura di Bernardino Visconti, il feudatario di Ghiara d’Adda, di cui tanto parlano le cronache milanesi intorno al ‘600. Ciò che si sa per certo è che egli, dopo aver conosciuto l’anima pia di Federigo Borromeo, mutò finalmente il suo comportamento negli ultimi anni di vita, congedandosi dai suoi temibili bravi.
L’innominato riprende la figura di Bernardino Visconti, di cui si sa che, per merito di Federigo Borromeo, cambiò vita e, dopo aver congedato i suoi bravi, visse onestamente gli ultimi anni della sua esistenza.
La Monaca di Monza:
Altro personaggio ripreso da uno vissuto realmente, è quello della Monaca di Monza, costruito sulla base di Marianna De Leyva, figlia di don Martino, costretta suo malgrado a farsi monaca portando il nome di suor Virginia. Anche questa si pentì, come si narra, e dopo aver subito un processo per le sue azioni malevole, venne murata addirittura viva, morendo però in odore di santità.
Entrambi questi due personaggi fondamentali, vengono di proposito rivisitati liricamente dal Manzoni, infatti ciò che di loro si dice storicamente viene guardato da un altro punto di vista, se vogliamo più profondo e più umano: l’autore infatti riesce ad esprimere le loro speranze, i loro timori e le pressioni psicologiche che subiscono, estrapolando quel bisogno d’amore esistenziale e di bontà che si trova alla base di tutti noi e mettendo a nudo la debolezza ma anche la forza dell’animo umano, in tutte le sue sfaccettature.
Antonio Ferrer, invece, è il protagonista di uno dei più vivaci momenti all’interno dei tumulti di Milano, e questi viene presentato con le sue caratterizzanti connotazioni psicologiche attraverso ciò che di lui si sapeva mediante la storia.
L’autore raffigura il suo umile atteggiamento cortese e rispettoso, dinanzi alla folla nel pieno della rivolta, mettendogli in bocca frasi in due lingue diverse: in spagnoglo dice ciò che pensa davvero, in italiano invece dice solo frasi di circostanza per cercare di ammansire i Milanesi, inferociti dalla situazione in essere: «è vero, è un birbante, uno scellerato» dice alla gente; subito dopo, si rivolge al vicario che sta portando in salvo, dicendogli sottovoce in spagnolo: «Perdone, usted».
Pubblicato lunedì 08/04/2019 in i promessi sposi
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