Italia e Argentina: una lunga storia da raccontare (2a parte)
Ciao ragazzi,
Ed ecco, come vi avevo promesso, la seconda parte dell’articolo sull’immigrazione in Argentina. Ieri vi ho raccontato del dolore di lasciare per sempre l’Italia, le difficoltà di attraversare l’Oceano in una nave senza nessuna comodità e dell’arrivo in un Paese con una lingua diversa, dov’era difficile addirittura farsi capire.
Dopo questa prima e durissima parte dell’avventura, ne iniziava un’altra per gli italiani. Una volta arrivati in Sudamerica gli immigrati erano ospitati nelle “case d’immigrazione” in cui si poteva dormire in ampie camere, ricevere una razione sufficiente di cibo e curarsi, nel caso in cui ci si fosse ammalati. Il senso di insicurezza era aumentato dalla separazione delle famiglie, con uomini e donne costrette a separarsi, finendo in cameroni diversi. Inoltre, dopo cinque giorni, gli immigrati erano costretti a cercarsi un’abitazione e un lavoro, finendo spesso nelle mani degli speculatori.
Poi c’era un lungo e difficile processo di inserimento nella società argentina. Da stranieri, gli italiani non avevano dimestichezza con lo spagnolo e non avevano diritto al voto. Alcuni italiani più benestanti sono arrivati in Argentina con un piccolo capitale con il quale è stato possibile aprire negozi e piccole fabbriche. Ma la maggior parte è finita a fare i lavori più semplici come il facchino o il lustrascarpe. Anche se, in America, c’erano molte occasioni da cogliere per migliorare di vita.
In Argentina, gli italiani erano molto uniti, lavoravano sodo e a Buenos Aires si formavano quartieri di solo immigranti come quello di “Boca”. Per certi versi, la capitale argentina sembrava quasi una città italiana, dove, nel 1895, su 663.864 abitanti i città ben 181.361 erano italiani. Certo che la presenza massiccia di stranieri era anche scomoda per gli argentini e quindi ci sono state anche legge create a posta per tenerli sotto controllo.
La grande svolta accade nel 1910, quando il presidente della repubblica argentina Roque Saenz Peña fece approvare una legge elettorale che concedeva il suffragio segreto e universale. Con esso gli immigrati diventavano cittadini argentini di pieno diritto, in grado di influire sulle scelte politiche del Paese. Così, anche se rimasero vive a lungo le tradizioni italiane, la vera patria cominciava ad essere quella l’Argentina. Anche perché, erano cresciuta una generazione che dell’Italia conosceva ormai soprattutto ciò che ne narravano i padri.
La cultura e le tradizioni italiane comunque sono rimaste in quella argentina, in tante e importantissime cose. Ma questo vi racconterò un’altra volta.
Bacio e a presto con un altro bellissimo post,
Kika
Pubblicato venerdì 19/06/2009 in argentina, immigrazione, italia, storia
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