La lunga vita di Marianna Ucria di Dacia Maraini, il riassunto
La lunga vita di Marianna Ucrìa di Dacia Maraini è un romanzo pubblicato nel 1990 e vincitore del Premio Campiello. In questo articolo ti proponiamo il riassunto di La lunga vita di Marianna Ucrìa.
Il romanzo di Dacia Maraini è ambientato nella Sicilia della prima metà del ‘700 e narra la storia di Marianna Ucria, figlia sordomuta di una nota famiglia di Palermo.
In realtà, Marianna non nacque sordomuta ma la sua condizione fu causata dalla violenza sessuale subita da parte di suo zio Pietro. Il padre, con il quale la ragazza aveva un rapporto di complicità, tentò più volte di far tornare la figlia alla condizione originaria provando a provocarle forti shock: la fece assistere a scene violente come le impiccagioni ma nulla servì a far sì che Marianna riacquistasse la parola.
A tredici anni, Marianna Ucria fu data in sposa allo zio Pietro, fratello della madre, proprio colui che otto anni prima la violentò e le provocò il sordomutismo. Il vecchio la rese infelice ed ebbe da lei otto figli di cui tre morti perché nati prematuri.
Marianna si dedicò con devozione e amore alla cura e alla crescita dei cinque figli: 3 femmine, Felice, Giuseppa e Manina, e due maschi, Mariano e Signoretto, il più piccolo. La donna passava le sue giornate in compagnia della servitù e continuava a comunicare con l’esterno grazie all’uso dei bigliettini, così iniziò a sviluppare altri interessi e capacità come la lettura dei libri e l’interpretazione del pensiero altrui dalle loro espressioni facciali.
Nel corso della sua vita, Marianna Ucria affrontò diversi lutti, in primis quello del figlio di quattro anni, Signoretto, e poi quello del marito in seguito al quale si trovò a gestire finalmente la sua vita dimostrando un carattere forte nonostante il sordomutismo. Divenuta vedova, ebbe altri amori: prima il giovane Saroe poi Don Giacomo Camalèo, ma, alla fine, decise partire insieme alla serva Fila, abbandonando la Sicilia e insieme a tutti i suoi problemi.
Le due sostarono prima a Napoli e poi a Roma dove si stabilirono definitivamente e dove Marianna, benché non fosse guarita, riuscì a vivere senza mai sentirsi inferiore.
Il romanzo di Dacia Maraini è ambientato nella Sicilia della prima metà del ‘700 e narra la storia di Marianna Ucria, figlia sordomuta di una nota famiglia di Palermo.
In realtà, Marianna non nacque sordomuta ma la sua condizione fu causata dalla violenza sessuale subita da parte di suo zio Pietro. Il padre, con il quale la ragazza aveva un rapporto di complicità, tentò più volte di far tornare la figlia alla condizione originaria provando a provocarle forti shock: la fece assistere a scene violente come le impiccagioni ma nulla servì a far sì che Marianna riacquistasse la parola.
A tredici anni, Marianna Ucria fu data in sposa allo zio Pietro, fratello della madre, proprio colui che otto anni prima la violentò e le provocò il sordomutismo. Il vecchio la rese infelice ed ebbe da lei otto figli di cui tre morti perché nati prematuri.
Marianna si dedicò con devozione e amore alla cura e alla crescita dei cinque figli: 3 femmine, Felice, Giuseppa e Manina, e due maschi, Mariano e Signoretto, il più piccolo. La donna passava le sue giornate in compagnia della servitù e continuava a comunicare con l’esterno grazie all’uso dei bigliettini, così iniziò a sviluppare altri interessi e capacità come la lettura dei libri e l’interpretazione del pensiero altrui dalle loro espressioni facciali.
Nel corso della sua vita, Marianna Ucria affrontò diversi lutti, in primis quello del figlio di quattro anni, Signoretto, e poi quello del marito in seguito al quale si trovò a gestire finalmente la sua vita dimostrando un carattere forte nonostante il sordomutismo. Divenuta vedova, ebbe altri amori: prima il giovane Saroe poi Don Giacomo Camalèo, ma, alla fine, decise partire insieme alla serva Fila, abbandonando la Sicilia e insieme a tutti i suoi problemi.
Le due sostarono prima a Napoli e poi a Roma dove si stabilirono definitivamente e dove Marianna, benché non fosse guarita, riuscì a vivere senza mai sentirsi inferiore.
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