Le parolacce: giuste o sbagliate? Anche Dante le diceva. E tu?
Le parolacce sembrano ufficialmente entrate nella parlata più quotidiana dei più. Le sentiamo in televisione, alla radio, spesso le leggiamo sui libri o sui giornali. Star, politici, attori, italiani e non: la parolaccia è ormai sulla bocca di tutti. Sono così tanto “utilizzate” che “Diciamo parolacce che non offendono più”, scrive Cesare Segre. Non solo, Segre cita il non-uso nel linguaggio giovanile, dei diversi registri di comunicazione, dal volgare all’aulico: fenomeno presente anche il televisione, per esempio nella politica che “tende sempre più ad abbassare il registro, perché pensa di conquistare più facilmente il consenso”.
È vero che parlare “volgare” riscuote più attenzione? “Anche i registri bassi possono essere utilizzati in certi ambiti: per esempio, se nel corso di una lezione io dico “vi state abbioccando” invece che “addormentando”, lo faccio perché proprio il cambio di registro può essere efficace. Il fatto che la nostra lingua degradi è spiegabile: si tratta di un patrimonio comune, ma il confronto con il passato ci dice che c’è stato un progresso rispetto a 30-40 anni fa, quando usavamo molto di più il dialetto (…); ora che tutti parlano l’italiano (fondandosi peraltro sul modello televisivo) qualche colpo all’eleganza è spiegabile” e continua “D’accordo anche sul fatto che il turpiloquio, diffondendosi ovunque, toglie vivacità alla lingua e perde efficacia. Anche Dante ha scritto parolacce, ha chiamato l’Italia “bordello”, ma è stato il primo a usare questa parola. Pesava”.
“Non butterei tutta la responsabilità sui giovani, perché il turpiloquio non è più appannaggio dei giovani. Però è vero: la parolaccia è brutta da sentire ma se diventa un intercalare comune si depotenzia. E quando poi vogliamo usare una parolaccia vera, che facciamo?”, dice Silvia Balestra.
E tu, che ne pensi? Credi che le parolacce siano ormai nella parlata quotidiana? E credi che, essendo così presenti, hanno perso di “potenza” offensiva? E, infine, credi che sia vero che, in certi casi, abbassare il “tono” della comunicazione abbia più effetto sull’ascoltatore (ad esempio il professore che dice “Non abbioccatevi” al posto di “Non addormentatevi”)?
Pubblicato giovedì 14/01/2010 in di la tua
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