Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga, il riassunto
Mastro don Gesualdo di Giovanni Verga è una delle opere più rappresentative del Verismo e narra le vicende di Gesualdo Motta, un uomo che è riuscito a mettere da parte un buon patrimonio e risalire la scala sociale. In questo articolo ti proponiamo il riassunto di Mastro don Gesualdo.
La storia raccontata da Verga si svolge a Vizzini, a Catania, e narra le vicende di Mastro Don Gesualdo che da muratore, con grande fatica e non pochi sacrifici, riesce ad accumulare terre e ricchezze e a diventare un ricco proprietario terriero.
A Mastro don Gesualdo viene combinato un matrimonio con Bianca Trao, appartenente ad una famiglia di nobili ormai decaduta, che viene derisa dal resto della città perché compromessa con il cugino don Ninì Rubiera.
Il matrimonio con Bianca non è per niente felice e segue la sola logica dell’utilità. Gesualdo, impegnato nella costruzione di un ponte, riesce ad ottenere l’appoggio dei notabili del paese per acquistare ad un’asta comunale le terre del barone Zacco. La situazione precipita, però, quando scoppiano i moti del 1820 che, da Palermo, si propagano in tutto l’entroterra.
Mastro don Gesualdo partecipa ad una riunione dei carbonari ma si vede costretto a rifugiarsi da Diodata, la donna che lui ama da sempre ma ormai sposata con Nanni l’Orbo, che da tempo ricatta Gesualdo a causa dei suoi sentimenti per la moglie.
Intanto, Bianca, che disprezza il marito per le sue umili origini e perché ancora innamorata del cugino, dà alla luce Isabella, probabile figlia di don Ninì.
Isabella viene chiusa in collegio ma il rapporto con le sue coetanee non è semplice perché le umili origini del padre diventano causa di scherno da parte delle amiche.
La ragazza torna in paese per l’epidemia di colera del 1837 ma non si trova più a suo agio nel mondo contadino. Si innamora di Corrado, un ragazzo povero ed orfano, ma il padre si oppone a questa relazione tentando, attraverso la figlia, di proseguire la scalata sociale.
Isabella fugge con Corrado e Mastro don Gesualdo vuole imporle un matrimonio di convenienza con il duca di Leyra che però pretende una cospicua dote dal genitore.
Il declino di Mastro don Gesualdo coincide con i moti rivoluzionari del 1848: prima la morte di Bianca, poi il rifiuto a partecipare all’insurrezione popolare come fanno tutti i nobili e i borghesi del paese, fino all’assalto ai suoi magazzini.
Gli eventi portano il protagonista a rifugiarsi nelle sue campagne, dove si ammala di cancro ed accetta l’ospitalità del duca di Leyra: qui morirà da solo, davanti ad una figlia indifferente e circondato da chi pensa solo a sperperare le ricchezze da lui faticosamente accumulate.
Mastro Don Gesualdo di Giovanni Verga è una delle opere più rappresentative del Verismo, pregno dell’oggettività dalla quale l’autore cerca di non discostarsi, e per la quale opera molte rinunce all’interno del suo impianto narrativo.
Si tratta del secondo romanzo del famoso ciclo dei vinti, purtroppo come sappiamo incompiuto, frutto doloroso e profondo di un lungo lavoro di scrittura durato quasi dieci anni.
L’autore è sicuramente uno dei maggiori esponenti della corrente letteraria, sviluppatasi in Europa nel corso dell’Ottocento. Importanti infatti sono state per Verga le influenze dei vari scrittori stranieri Balzac, Flaubert e Zola.
Nel libro dello scrittore siciliano vengono rappresentate ed emergono variegate classi sociali, che utilizzano tutte registri linguistici molto differenti tra loro, altro particolare che serve a sottolineare ed evidenziare maggiormente la ricerca di una veridicità tra il riscontro della realtà e la narrazione della stessa, che poi è la caratteristica principale di cui si fregia e con la quale si differenzia la corrente verista: Verga ha lavorato a quest’opera con impegno costante, per anni e anni della sua vita, attribuendo ad ogni personaggio un tono di linguaggio e dei modi tipici che rappresentassero fedelmente la Sicilia di allora, ma soprattutto la classe alla quale ognuno di loro apparteneva.
Il romanzo narra le vicende del personaggio di Gesualdo Motta, un uomo che è riuscito a mettere da parte un buon patrimonio e risalire la scala sociale, con molti sacrifici fatti e tantissima fatica. In questo articolo ti proponiamo il riassunto di Mastro don Gesualdo.
La storia raccontata da Verga si svolge a Vizzini, centro agricolo non tanto distante da Catania, e narra le vicende di Mastro Don Gesualdo che da principio inizia a lavorare come semplice muratore, e con grande fatica e non pochi sacrifici,grazie al sudore della fronte riesce ad accumulare terre e ricchezze tali da diventare un ricco e facoltoso proprietario terriero.
A Mastro don Gesualdo viene combinato un matrimonio con Bianca Trao, appartenente ad una famiglia di nobili ormai decaduta, la donna è al centro di pettegolezzi e derisione in città, in quanto si dice sia compromessa con il cugino Don Ninì Rubiera.
Il triste matrimonio con Bianca non è per niente felice e segue la sola logica dell’utilità, portato avanti soltanto per ragioni di interesse e quieto vivere. Mastro Don Gesualdo, impegnato nella costruzione di un ponte, e a questo proposito riesce a strappare il prestigioso appoggio di alcuni facoltosi notabili del paese, al fine di acquistare le terre del barone Zacco, in vendita nel corso di un’asta comunale. La situazione precipita, però, nel momento in cui scoppiano i moti del 1820 quando le sommosse si propagano da Palermo verso tutto l’entroterra siciliano.
Mastro don Gesualdo si ritrova a partecipare ad una riunione dei carbonari ma ad un certo punto deve ripiegare ed è costretto a rifugiarsi da Diodata, donna da lui sempre amata ma ormai sposata con Nanni l’Orbo, che da tempo ricatta meschinamente Gesualdo in quanto conosce i sentimenti di lui per la moglie.
Nel frattempo Bianca, sua moglie, disprezza il marito per le sue umili origini e perché ancora innamorata del cugino Ninì, dà alla luce la piccola Isabella, che probabilmente in realtà è figlia di don Ninì e non di Mastro Don Gesualdo.
Isabella viene chiusa in collegio ma purtroppo il rapporto con le sue coetanee non risulta semplice perché le umili origini del padre diventano causa di scherno e derisione da parte delle compagne.
La ragazza fa ritorno in paese per l’epidemia di colera sviluppatasi nel 1837 ma non si trova più a suo agio e non riesce a trovare la sua dimensione in quel mondo che le appare fin troppo contadino.
Ad un certo punto si innamora di Corrado, un ragazzo povero ed orfano, ma il padre si oppone a questa relazione vedendo anche la figlia come un possibile strumento per fargli compiere il definitivo salto di qualità nella benedetta scala sociale.
Vedendosi costretta dagli eventi, Isabella decide di fuggire con Corrado mentre Mastro don Gesualdo cerca di imporle un matrimonio di convenienza con il duca di Leyra, il quale però ha intenzione di pretendere una dote notevolissima dal genitore della sua promessa sposa.
L’inevitabile declino del Mastro don Gesualdo coincide con il dilagare dei moti rivoluzionari del 1848, quando alcuni tragici eventi si vanno a sommare alla già tumultuosa situazione: prima la prematura morte della moglie Bianca, in seguito il rifiuto a partecipare all’insurrezione popolare come peraltro tutti i nobili e i borghesi del paese, per l’ultimo il terribile assalto ai suoi preziosi magazzini. Inoltre, tornato a casa, non trova nemmeno Diodata che lo ha abbandonato.
Tutta questa serie di tragici e scatenanti eventi costringono il protagonista a trovare rifugio nelle sue vecchie campagne, dove però purtroppo si ammala di cancro ed accetta l’ospitalità del duca di Leyra: qui morirà nella solitudine, osservando l’indifferenza della propria figlia e in mezzo a persone che si occupano solamente di spendere i suoi soldi e sperperare le sue ricchezze in modo dissennato e poco onorevole.
Giovanni Verga propone una sferzante critica nei comportamenti della nobiltà che vuole vivere solo di rendita, che non scende a compromessi anche a costo di andare in rovina, mai disposta a mollare né a rimboccarsi le maniche e a lavorare a fianco dei cosiddetti tanto disprezzati “plebei”, che al contrario sono il fondamento senza il quale l’economia non si reggerebbe in piedi.
Questo romanzo, oltre a mostrare nuda e cruda la decadenza della classe aristocratica, ci propone una netta contrapposizione fra affetti familiari e successo economico-sociale, come se le due cose si auto escludessero, come se averne una significasse rinunciare all’altra.
Proprio lo stesso Mastro Don Gesualdo impersonifica l’arrampicatore sociale per eccellenza, spinto da individualismo becero, materialismo e intraprendenza borghese quasi senza ideali, senza alcuna morale. Tutto questo succede proprio ad una persona che invece alle sue origini era umile e buona, proprio i nobili ai quali ambisce e i quali vuole raggiungere ed emulare, infatti, lo cambiano rendendolo schiavo della roba.
Il monito dell’autore ci arriva all’orecchio durante tutta la narrazione, ma soprattutto nella parte finale quando il protagonista si ritrova disperatamente solo, alienato e senza la consolazione pur misera della propria “roba”, per la quale aveva faticato tutta una vita.
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